venerdì 29 settembre 2017

Chieti

Ammetto di non essere mai stato a Chieti, non vorrei sottovalutarla ma credo sia una cittadina piuttosto anonima. Di certo non esiste un sogno teatino (pare sia meglio che chietino che suona davvero male), davvero non mi risulta che ci siano orde di giovani che vogliono andare a Chieti. Lo stesso vale ovvio anche per i magistrati, per cui essere giudice al tribunale di Chieti non è esattamente aver raggiunto il top della carriera forense. Forse (dico forse) è il caso del giudice Ilaria Pozzo (e che diamine facciamo nomi e cognomi) che forse per noia, forse per voglia di notorietà, forse per incapacità (urca) ha emesso una sentenza davvero particolare. Come descrive in modo magistrale Massimo Gramellini (vedi). Ma andiamo con ordine : un impiegato delle poste sottrae 15000 Euro (un pezzente diciamolo) e viene beccato con tanto di intercettazioni e testimonianze. I dirigenti delle Poste lo sospendono e trasferiscono in attesa della sentenza e solo a sentenza emessa provvedono a licenziarlo. Ma il pezzente (pardon l'impiegato) fa ricorso (della serie aver la faccia come il c..o) e trova una davvero incredibile sponda nella nostra Ilaria, il giudice citato, che costringe le Poste a reintegrarlo e pure a pagargli gli stipendi arretrati. Perché? Perché avevano aspettato troppo, dovevano licenziarlo subito. Ora non voglio lanciarmi in disquisizioni bizantino legislative ma mi sembra che valeva il principio del "presunto innocente", quindi era buona norma aspettare la fine del lavoro dei magistrati. Ma anche se hanno atteso non è mica intervenuta la prescrizione e questo sempre ladro è. Insomma davvero una brutta storia che mostra come il voler tutelare la "parte debole", il dipendente, a tutti i costi genera dei mostri. Queste cose fanno male, molto male alle giustizia. Qui abbiamo due che andavano davvero licenziati in tronco : l'impiegato e il giudice.

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