giovedì 7 luglio 2016

Sogno

Mi perdonerete se mi approprio della famosa frase di Martin Luther King ma anche io ho fatto un sogno. Sognavo che la UE, dopo il referendum inglese, usasse tutta la (giusta e sacrosanta) rabbia per costruire una unione più salda, anche più equa. Addirittura sognavo (ma forse ero nel delirio a quel punto) che quel buontempone del presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker (lussemburghese ahimè) annunciava lo smantellamento della sede di Strasburgo, uno dei "monumenti" peggiori di questa Europa e pure quella (davvero piccola) in Lussemburgo. Ma i sogni svaniscono all'alba e alla prima prova che la UE ha dovuto affrontare dopo il terremoto Brexit, è miseramente crollata. Mi riferisco all'accordo di libero scambio con il Canada, il CETA (vedi). Oddio si può obiettare che il Canada non è un partner così importante, si può certamente immaginare una manovra sotterranea per favorire l'accordo con gli Stati Uniti (il famigerato Ttip), ma il modo con cui si è affrontata questa trattativa è davvero "disarmante". In pratica la Commissione Europea ha abdicato, rimandando ai singoli parlamenti nazionali la decisione. Vale la pena ricordare che non parliamo di 28 parlamenti (eh sì i sudditi della Regina Elisabetta II non hanno ancora "formalizzato" la loro "exit", limitandosi ad uscire dagli Europei di Calcio) ma di ben 38 (solo il Regno Unito ne vanta 4). Ovvio che è impossibile che tutti approvino il trattato, non fosse altro che per ragioni miserrime. Ad esempio la Romania si opporrà se non otterrà facilitazioni per i visti dei suoi cittadini, quando si dice pensare in grande. Come detto i sogni svaniscono all'alba, almeno speriamo non si trasformino in incubi.

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