Domani (per me che scrivo) sarà Black Friday (e non ve lo spiego certo io cosa sia) per cui un post sul consumo mi sembra giusto. Ho trovato questo articolo su "ANSA" che si intitola "Moda, l'insostenibile costo dei resi". Il titolo direi che dice già tutto ma in effetti mi era già capitato di riflettere su questo fenomeno dei resi (mio cognato da New York testimonia che là è una "usanza" ultra diffusa) e su come fosse impossibile che, alla fine, non andasse ad impattare sul business. Chiaro che la moda ha margini "monstre" ma nulla che non si possa erodere. Ma in realtà questo mi interessa poco essendo un consumatore diciamo occasionale. Quello che invece mi teneva sottolineare era che questo fenomeno dei resi crea un carosello di consegne mostruoso. Ovvia l'aritmetica anziché fare un singolo acquisto ne fai molti di più e sarebbe interessante avere una stima del fattore di moltiplicazione. Comunque significa avere una marea di colli a spasso per tutto il paese con i relativi imballi. Insomma un costo ecologico (oltre che economico) mica da ridere. Ma cosa si può fare? Nulla diranno alcuni, il business è business, gli americani sanno come far girare il business (anche se poi alcuni famosi di questi "business" non generano un ghello di utili, Uber o Twitter ad esempio). E allora facciamo centrali nucleari, massacriamo l'Amazzonia, avveleniamo gli oceani perché il business è business? Sarebbe come dire che gli idioti sono idioti. Ed eccoci arrivati al ruolo della politica (che non può essere rappresentata solo dalle trecce di Greta) ma occorre porre dei limiti (che parlando di business si chiamano tasse) agli eccessi di consumo. Tassa imballi? Tassa sulla Co2 usata per la consegna? Le modalità sono mille (e qui la tecnologia ci può aiutare e parecchio) basta solo (solo?) la voglia di applicarle.
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