giovedì 10 settembre 2015

Barcellona

Ho parlato abbastanza di recente della guerra (in alcuni casi non metaforica) che Berlino sta facendo a AirBnB o Booking (siti per affittare camere nel caso qualcuno avesse passato gli ultimi dieci anni in una base antartica) che un'altra città ha deciso di dar fuoco alle polveri. Si tratta di Barcellona (vedi vedi) dove la guerra in questo caso parte dall'"alto" perché è proprio il neo sindaco Ada Colau (diciamo una grillina iberica) ad avere dichiarato intanto uno stop ai nuovi affittacamere e poi la creazione di un registro. In entrambe le città le accuse sono di avere svuotato di residenti le aree centrali o "turistiche" e di aver creato una vera e propria bolla immobiliare e certamente la Spagna si sta ancora leccando le ferite della precedente bolla immobiliare quindi è comprensibile la loro "prudenza". Certo l'arrivo di masse di turisti porta soldi ma anche problemi ed infatti la sindachessa (si dice?) ha detto "Barcellona non deve fare la fine di Venezia". Ma resta, come nel caso della città italiana, il problema di trovare un modo per arginare la "massa" ed il numero chiuso per realtà come quella catalana è semplicemente un nonsense. Ma la battaglia prosegue ed entrambe le città usano l'arma fiscale. In effetti succede che la sharing economy, proprio per la sua natura un po' anarchica, sfugge alle regole in particolare a quelle fiscali. Questo ne decreta anche una buona parte del successo, però è chiaro che non può funzionare per sempre anche perchè oltre mancanza di controlli (non solo fiscali) si rischia di mettere in crisi anche l'industria alberghiera la quale, ad onor del vero, per ora non ha fatto molto clamore (pensate ai tassisti contro Uber) ma prima o poi anche loro si faranno sentire. Certo che è un bel paradosso Barcellona, come la Spagna, ha speso molto per promuoversi per poi scoprire che il messaggio era stato fin troppo recepito, benvenuti nel mondo reale.

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